di Vanni Tola
Prosegue e varia in mille ipotesi differenti il dibattito in corso sulla transizione energetica. I sindacati uniti nel domandare il completamento della rete del gas nell’isola. Contrarie la quasi totalità delle formazioni ambientaliste.
Si avvia verso la discussione nell’aula del Consiglio regionale il testo unificato sulle comunità energetiche. Pare che il provvedimento contenga tre articoli che introdurrebbero nuove agevolazioni e aperture ai gas fossili.
Una decina di organizzazioni ambientaliste, che hanno manifestato ieri davanti al palazzo della Regione, chiedono con determinazione l’abolizione dei tre articoli con lo slogan: “Basta energia fossile”. In alternativa gli ambientalisti propongono “l’installazione di una rete efficiente di infrastrutture per l’accumulo dell’energia da fonti rinnovabili per non dipendere più dalle centrali fossili di Porto Torres, Portovesme e Sarroch”. Una posizione chiara a sostanzialmente favorevole al progetto di transizione energetica illustrato ai sardi dall’Amministratore Delegato dell’Enel Starace, con la recente intervista concessa alla Nuova Sardegna.
Un fatto politicamente rilevante che vede, forse per la prima volta, le principali associazioni ambientaliste determinate ad avviare un confronto costruttivo con le grandi multinazionali dell’energia, pur nel rispetto e senza venire meno alle proprie analisi sullo sviluppo e la crescita.
Molto arretrata e certamente opposta appare invece la posizione delle forze sindacali e di alcune organizzazioni e forze politiche che operano con un’altra prospettiva strategica che potremmo sintetizzare nello slogan: “ Realizzare la rete del gas”.
L’iniziativa del governo Conte e quindi del Ministro per la transizione ecologica Cingolani è apparsa ai più una proposta eccessivamente affrettata, poco ragionata e del tutto estranea alle esigenze reali dei territori interessati. Senza voler fare il difensore d’ufficio del governo deve essere ricordato che il Ministro Cingolani e il suo staff hanno intessuto nelle scorse settimane una fitta serie di confronti con partiti, sindacati e associazioni produttive e sociali per definire il progetto di transizione energetica. Non è quindi una proposta affrettata e poco discussa con le regioni e i territori. In secondo ruolo va ripetuto che tale piano di riforma del comparto energetico è stato inviato all’Unione Europea come parte fondamentale del PNRR e da quest’organismo approvato. Non attuarlo nelle forme e nei tempi prestabiliti equivarrebbe a rinunciare ai finanziamenti europei ottenuti e a intraprendere altri pericolosi e incerti percorsi.
Non comprendere questo determina comportamenti quasi incomprensibili che si traducono generalmente in appelli affinché il Governo convochi al più presto tavoli istituzionali con i protagonisti pubblici e privati che abbiano interesse diretto allo sviluppo energetico produttivo della Sardegna. Troppo tardi signori.
I segretari generali di CGIL, CISL e Uil, per esempio, chiedono ai ministri Cingolani e Giorgetti un incontro per affrontare il tema della giusta transizione e decarbonizzazione alla luce del dibattito in corso sul futuro energetico della Sardegna. Anche in questo caso direi che il dibattito arriva un tantino in ritardo rispetto allo stato dell’opera e a nulla serve appellarsi a considerazioni, generiche quanto ovvie, del tipo che le scelte debbano essere definite dentro una visione comune che riguarda tutta l’Isola e non soltanto alcune società e alcuni determinati territori.
Altra ovvietà del tutto ininfluente sullo stato delle cose: “La Sardegna, al pari delle altre regioni d’Italia, non può rinunciare alle sue attuali produzioni industriali ma, al contrario, deve investire nei processi di cambiamento e innovazione per valorizzare, rilanciare, potenziare il suo sistema economico e produttivo sfruttando al meglio la transizione ecologica che può produrre valore e non distruggerlo”.
Difficile trovare persone di buon senso che non condividano questo assunto. Come pure appare azzardato lasciare intendere che i piani di transizione illustrati ai sardi da Cingolani e dell’Amministratore delegato dell’Enel rischino di distruggere il valore delle produzioni anziché produrlo.
In realtà i sindacati non sembrano rinnegare la transizione energetica che anche a loro dire si può e si deve fare nei tempi prefissati e con gli obiettivi condivisi con l’Unione. Invitano però a evitare i salti nel buio. In realtà, nelle strategie dei sindacati si evidenzia un progetto di transizione radicalmente diverso e opposto a quello indicato dal ministro e sostanzialmente approvato dalle organizzazioni ambientaliste.
I sindacati ritengono che la Sardegna abbia bisogno del gas e della sua rete di distribuzione, che in prospettiva trasporterà idrogeno, biogas e gas di sintesi. “Affermare il contrario significa sottrarle l’opportunità di sviluppo attesa da anni, significa condannarla a un ruolo sempre più marginale, assicurandole nuovi e incolmabili divari”.
Ecco quindi manifestarsi, nella sua interezza, la sostanziale contrarietà dei sindacati alla proposta avanzata dall’Enel e fatta propria dal governo e dagli ambientalisti.
Una cosa è ipotizzare un salto in avanti del sistema energetico sardo per puntare da subito a un’isola green con tutta la generazione elettrica realizzata con fonti rinnovabili, con lo sviluppo ulteriore del solare e dell’eolico e lo stoccaggio dell’energia prodotta in megabattery da utilizzare secondo le necessità. Altra cosa è investire ancora risorse finanziarie nel progetto di gassificazione dell’isola (operazione che poco inciderebbe sulla riduzione della CO2) per arrivare in un secondo momento alla svolta reale del modo di produrre energia, con notevole ritardo e sostanziale speco di denaro.
Una scelta strategica sostanzialmente debole a sostegno della quale i Sindacati prospettano una serie di prevedibili problemi. A loro parere “la Sardegna non può trasformarsi in una grande centrale produttrice di energia, pur rinnovabile, utile allo sviluppo di altri sistemi produttivi, altre economie”. E qui si affaccia una strizzatina d’occhio a coloro che ritengono che il piano di riconversione energetica proposto dal governo possa essere funzionale allo sviluppo di sistemi produttivi “altri” rispetto alla nostra realtà. Non dimentichiamo che, senza sorridere, qualcuno ha scritto che, con l’elettrodotto che collega la Sardegna alla Sicilia e alla Campania, i siciliani si approprierebbero dell’energia prodotta nell’isola, di fatto rubandoci il sole e il vento di Sardegna.
Naturalmente ignorano che l’operazione elettrodotto sottomarino è finalizzata a chiudere il circuito di rete nazionale del quale la Sardegna farebbe parte a tutti gli effetti e con tutti i diritti delle altre regioni. Che in un sistema di rete energetica significa poter cedere energia prodotta in eccesso e poterne ricevere dalle altre regioni nei momenti di necessità.
Inequivocabilmente, ma a questo punto non poteva che essere cosi, le organizzazioni invitano i rappresentanti politici a mantenere le intese a suo tempo siglate tra Regione e Governo. Gassificazione dell’isola secondo i vecchi progetti a suo tempo avviati e, in parte, in corso di realizzazione.
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